Chi lavora nel mondo dei social, ma anche i semplici utenti, sa che far polemica, commentando qualunque post in qualità di hater, è all’ordine del giorno. Chi invece lavora nel mondo biologico sa che una folla informe di persone, è fermamente convinta che “l’agricoltura biologica non esiste”.

Ci siamo imbattuti giorni fa, in un utente che ha affermato fermamente che noi siamo dei bugiardi, perchè il vino Biologico non esiste.

In un articolo in cui ci siamo imbattuti in passato, possiamo leggere che alcuni produttori si vergognano di produrre vino biologico.  Arrivano addirittura a non inserire in etichetta i simboli che certificano un prodotto come bio. Questo perché nell’immaginario comune il vino biologico “non è buono”.

Poi c’è chi crede erroneamente che vino biologico significhi “vino senza solfiti”.

Leggermente diversa è la sorte del vino biodinamico. Anche se la maggior parte delle persone non sa minimamente cosa significhi questo termine, il pregiudizio sembra svanire, lasciando spazio a una dimensione quasi magica, che affascina di più i consumatori.

In questo tragico scenario dominato dal caos, vorremmo fare un po’ di ordine.

QUANDO NASCE IL CONCETTO DI BIOLOGICO?

Un tempo lontano non esisteva la distinzione tra agricoltura biologica e tradizionale, semplicemente perché era tutta biologica. Con l’arrivo delle sostanze chimiche di sintesi, tra cui concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi le cose sono inevitabilmente cambiate. Il concetto di agricoltura biologica, è stata menzionata per la prima volta da Sir Howard nel 1940 nel libro “An agricultural testament”.

Il libro descrive una serie di pratiche agricole, come il compostaggio e la fertilizzazione organica, usate dagli agricoltori indiani all’inizio del ventesimo secolo. E’ focalizzato sulla perdita di fertilità dei suoli che si ha nella coltivazione e nell’allevamento intensivo, che ha portato a conseguenze disastrose: squilibrio degli ecosistemi, aumento delle infestanti e degli insetti dannosi per le colture, erosione dei suoli e tante altre.

Nel secondo dopoguerra, il principale obiettivo dell’agricoltura era quello di soddisfare gli urgenti bisogni alimentari dell’Europa, per ambire all’autosufficienza produttiva e rispondere a richieste sempre maggiori di cibo. Ricordiamo che in questo periodo vi fu il boom economico mondiale. Prodotti a basso costo e necessità di aumentare le quantità in un breve lasso di tempo, per soddisfare non solo bisogni primari e sfociare nel concetto di consumismo.

Ma negli anni sessanta, i problemi ambientali causati da un uso eccessivo di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura diviene predominante e viene messo in luce dal libro “The Silent Spring” scritto da Rachel Carson. Questo fece nascere la rivoluzione verde negli Stati Uniti e in Europa. Poco dopo l’agricoltura biologica viene assunta come il miglior sistema produttivo agricolo.  In seguito sono nate diverse organizzazioni con  l’obiettivo di riunire i produttori, i consumatori e tutti quei cittadini interessati alla tutela dell’ambiente. Negli anni ’80 l’agricoltura biologica si è affermata come unica soluzione a uno stile di vita sano.

Dal 2004 la superficie dedicata all’agricoltura biologica è aumentata del 76% (80% in Europa), passando dai 6,4 millioni di ettari del 2004 agli 11,5 millioni di ettari nel 2013 (FiBL-IFOAM, 2015). I paesi con la maggiore superficie biologica sono Spagna, Italia, Francia e Germania.

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA E’ UN NUOVO FENOMENO DI MASSA?

Sono varie le obiezioni che il mondo Biologico riceve ogni giorno.

Molte persone accusano che sia impossibile portare avanti questo tipo di agricoltura, in quanto vi sono terreni bio, accanto a terreni tradizionali e questo, con il naturale spostamento dell’aria, può provocare contaminazioni.

C’è chi sostiene che il fenomeno del biologico sia la moda del nuovo millennio, che ci è stata propinata con la solita politica del terrore. Questo cercando di convincere la massa che per vivere più a lungo e non ammalarsi è necessario consumare cibi biologici che non sono cancerogeni, che non fanno invecchiare la pelle, non fanno ingrassare e ci permettono di vivere fino a 100 anni.

Estremizzare è sempre sbagliato e lo è anche in questo campo. Chi lavora seriamente nel settore biologico conosce perfettamente le procedure che deve seguire per poter garantire ai consumatori un prodotto integro, etico e sano. Non possiamo garantire che tutti i prodotti biologici sullo scaffale siano perfetti. Non possiamo essere garanti per tutte le aziende produttrici.

Possiamo dirvi però che i vini di Cascina del Ronco vengono prodotti da uve biologiche, seguendo i più rigidi disciplinari e criteri, in vigneti controllati rigorosamente. Rischiamo ogni anno di perdere il raccolto per cause naturali ma soprattutto per aver rinunciato a prodotti chimici, eppure questo non ci ferma.  Cerchiamo di garantire al consumatore e all’ambiente il migliore equilibrio possibile.

Avere una certificazione biologica non è una passeggiata.

Un vino è biologico se proviene da uve 100% biologiche coltivate senza l’utilizzo di agenti chimici di sintesi in vigna o OGM e la cui vinificazione in cantina è avvenuta grazie all’utilizzo di prodotti enologici certificati biologici e un quantitativo limitato di solfiti.

I SOLFITI, non sono vietati nei vini biologici, ma vi sono limitazioni molto severe a riguardo. Dobbiamo ricordare che i solfiti sono naturalmente presenti nel vino, quindi un vino senza solfiti NON esiste, che sia biologico o tradizionale.

BENE, QUAL’E’ LA CONCLUSIONE?

La conclusione è che il vino biologico esiste, ed esiste prima di tutto nella coscienza e nel lavoro delle aziende produttrici, poi tramite certificazioni e riconoscimenti. Luoghi incontaminati da sostanze chimiche sono reali e visitabili, ne sono un esempio i nostri vigneti, tra i quali Astino, luogo sovrano della biodiversità. Uva non “inquinata” da sostanze chimiche esiste e gli enti che certificano e vigilano sulle procedure, ne sono l’ulteriore prova.
La conclusione è che il vino biologico ha le stesse possibilità di essere un vino di qualità di quante ne ha quello tradizionale. Il pregiudizio insito nelle persone va sradicato, sensibilizzando il consumatore verso la strada della verità. Una verità semplice, che è data dal lavoro nella vigna, dal sacrificio e dalle rinunce. Una verità che potrete ritrovare in bottiglia, degustando i nostri vini. La conclusione è che i vini senza solfiti non esistono. Anche se gli haters di ogni settore, combattono affinché la gente si nutra di notizie false, noi ci difendiamo con la qualità dei nostri prodotti e con la trasparenza che contraddistingue la nostra realtà.

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